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In dubio pro rea

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MAN RAY. Nero e bianco, 1926

 

Sono di bocca buona -

prendo tutto per aristocratico,

fatti i conti, alla fine, lo è, lo siamo.

:

- la frase “Keep calm and carry on” come filosofia del profondo 

con  il corollario semantico

delle Queen’s  Guards e l’aria di Londra così speciale

girovaga nella mia stanza;

- Dostoevskij fastidiosamente difficile da scrivere eppure

metronomo di momenti più reali del reale,

solitari nel pulviscolo errabondo dei pensieri,

vertigine di nebbia dopo il salto;

- o anche: il supermercato in cui perdersi e perdere pensieri  

senza poter fare a meno, certe volte,

di piangere dietro tristi metafisici scaffali -

memento mori per troppo accumulare;

- e infine: certe sere difficili

dove si perde il filo di tutto e si aspetta che passi,

tramortiti da mancanza.

Per necessità di significati più ampi, anche se non più certi,

considero tutto,

cerco se non segni almeno coincidenze,

per arrivare imparziale a uno.

E mi dico: se ci sono,

forse è una prova dell’esistenza di Dio.

In dubio pro rea.

 

 

 

Ma allora cos’ è l’ uomo? «L’ uomo non è un essere effimero, preda del tempo e del nulla, più o meno raggiunto dalla grazia di un Dio o di un Salvatore, ma è il luogo eterno che accoglie la Terra. O, per dirla in breve, l’ essenza dell’ uomo è l’ apparire eterno degli eterni». E la morte? «La morte appartiene alla manifestazione degli eterni; è un evento interno a tale manifestazione. Essa non ci travolge, ma è una parte del nostro esistere. È una condizione necessaria della felicità. Noi siamo destinati alla felicità, cioè alla Gioia, che è l’ oltrepassamento di tutte le contraddizioni e non un premio concesso a chi avrebbe usato “bene” la propria “volontà libera”. È necessità. È inevitabile che, dopo il tramonto della Terra isolata dalla verità – e dunque dopo il tramonto della vita e della morte, della volontà e dell’ abulia – l’ uomo sia felice.

Corriere della Sera, Pagina 35 - dall' intervista di Armando Torno a Emanuele Severino - 12 dicembre 2001

 

 

 

 

 

 Cristina Bizzarri - 30/12/2014 16:11:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

... " la nostra insuperabile contingenza". Eh già. Lo dici bene Giovanni, con la tua - ma non è certo una definizione la mia - sottile eleganza che evita sempre la spietatezza: si conosce e comprende a fondo l’altro. Ecco peché è elegante:
" ... invece delle parole arriva l’immagine
di alte finestre: il vetro
che cattura il sole, ed oltre a quello
l’azzurra intensità dell’aria, che non mostra
nulla, e non è in nessun punto,
ed è infinita." - Philip Larkin, "Alte finestre".
E anche per questo:
" we should be careful
Of each other, we should be kind
While there is still time". Sempre Larkin: "The Mower".
Mi piace Larkin.
Ecco perché sei elegante. Due buone ragioni.
Quanto a Severino, credo che creda in una Gioia che ci oltrepassa.
Mi piace condividere questo sentimento! Perché, spiegalo come ti pare, ma è pur sempre un sentimento.

 Giovanni Baldaccini - 29/12/2014 13:36:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

- e infine: certe sere difficili

dove si perde il filo di tutto e si aspetta che passi,

tramortiti da mancanza.


Sono proprio quelle sere che permettono di ritrovarsi e superare la mancanza che è sempre relativa alla propria esistenza insufficiente e insufficientemente considerata.
Quanto a Severino, dubito che abbia mai preso in considerazione qualunque forma mistica al di là del senso di una difesa dall’angoscia, dalla quale gli Immutabili – tanto per esprimerci con Severino – non proteggono affatto.
Buon Anno Cristina,qui tra noi e la nostra insuperabile contingenza.

 Elsa Paradiso - 28/12/2014 20:09:00 [ leggi altri commenti di Elsa Paradiso » ]

Specifico meglio.
Correlatore alla mia tesi di laurea. Il relatore era il Prof. Angelino.
Ma ora che mi viene in mente i Severino erano due fratelli ... entrambi filosofi assai dotati.
Ciao.

 Cristina Bizzarri - 28/12/2014 19:56:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Grazie Elsa, ho provato a dare una forma discorsiva, vagamente ironica e "eliotiana" (quell’accenno alle sere mi viene un pochino dalla "Waste Land", in particolare il secondo movimento intitolato "Una partita a scacchi")a un mio personale sentire. Insomma, un esercizio e insieme un dar voce ai miei sentimenti.
Mi emoziona quello che mi dici sul tuo essere stata relatrice insieme a Severino, un filosofo di cui ho leggiucchiato/spiluccato frammentariamente molti testi; dire che lo stimo è poco, nella mia vita è una figura "mitica" per molti motivi, anche se lui forse direbbe che il mito fa parte del destino della Terra e che appartiene alla follia dell’Occidente - credere cioè che le cose nascano e muoiano ... o forse no, il mito accenna già ad altro ...
Trovo il suo pensiero davvero rivoluzionario! Mi fa pensare che le parole di Gesù (e forse di molti altri) siano state in parte travisate e stravolte. Istituzionalizzate e prese troppo alla lettera. E’ un discorso lunghissimo, lo so, ma mi ha fatto piacere accennarvi! In fondo scrivere poesie è rivelarsi.

 Elsa Paradiso - 28/12/2014 18:31:00 [ leggi altri commenti di Elsa Paradiso » ]

Cristina,
indubbiamente originale, e interessante dal punto di vista psicologico
questo tuo scritto.
Ciao.


P.S
Il Severino (di nome e di fatto) fu mio correlatore ...

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